La potenza dei Piani di Accumulo

Ne parlava già Benjamin Graham nel 1949 nel libro The Intelligent Investor, da molti, ancora oggi, considerato la Bibbia dei mercati finanziari. Graham lo definiva Dollar Cost Averaging, in Italia lo conosciamo con il nome di Piano di Accumulo o PAC. Approfondiremo le sue caratteristiche principali, a cosa serve e come funziona. Scopriremo che la potenza dei Piani di Accumulo può essere davvero straordinaria! Se sei pronto cominciamo, come sempre con parole semplici.

Reddito e Patrimonio

Ti piacerebbe investire ma non hai dei soldi da parte? Puoi farlo, a condizione però di percepire un reddito periodico. Ecco quindi la prima differenza che è importante capire: quella tra patrimonio e reddito. Il patrimonio è un concetto statico: misura l’ammontare dei tuoi possedimenti in un dato momento. Il reddito è invece un concetto dinamico: sono le somme che vengono percepite periodicamente sotto forma di salario, stipendio, onorario, parcella etc. Il Piano di Accumulo è un sistema intelligente che consiste nell’adoperare parte del reddito mensile per costruire un patrimonio.

Si parte!

Hai deciso di mettere dei soldi da parte ogni mese? Sei motivato a sufficienza? Ottimo! Arriva lo stipendio, ne prendi una piccola parte, ad esempio il 10% e lo sposti in uno strumento di risparmio o di investimento. L’euforia è tanta, ogni tanto vai a dare un’occhiata allo strumento di risparmio appena acquistato, ma trovi delle differenze impercettibili, la somma è ancora troppo piccola. Ecco che arriva il secondo stipendio, prelevi la stessa somma e la versi nello strumento di risparmio. Continui ad osservarne l’andamento, ma la cifra è ancora esigua e i movimenti impercettibili. Ti accorgi che la motivazione e l’entusiasmo iniziano a scarseggiare.

Il terzo mese, una volta percepito lo stipendio, lungo il tragitto per andare in Banca, osservi un bellissimo paio di scarpe in una vetrina. “Sai che ti dico? Solo per questo mese non verso il 10% nello strumento di risparmio; mi compro queste scarpe bellissime e pure scontate; mi riprometto di riprendere i versamenti il mese prossimo!” Sai già come finisce la storia, vero? Come in tutte le cose, quando cominciano a scarseggiare la motivazione e l’entusiasmo iniziale, e per di più non vedi alcun risultato tangibile frutto dei tuoi sacrifici, i buoni propositi vanno a farsi benedire. La creazione del patrimonio è terminata ancor prima di cominciare!

L’importanza dell’automatismo

Per contrastare il calo della motivazione ti viene in soccorso il prelievo automatico. In pratica puoi dare istruzioni alla tua banca di prelevare automaticamente la somma dal conto corrente ogni mese e di versarla in automatico nello strumento di risparmio o di investimento, normalmente un fondo comune o una polizza. Mediante questo prelievo “forzoso” elimini la somma dalla disponibilità del conto corrente e contrasti la tentazione di venire meno all’impegno!

La necessità di un obiettivo

Se segui il mio blog da un pò di tempo, lo avrai già letto: non ha alcun senso, a mio avviso, fare dei sacrifici di natura economica, se non ti sei prefissato un chiaro obiettivo da raggiungere. Sarà l’obiettivo a darti la forza di perseverare nei momenti di difficoltà che certamente troverai lungo il cammino. Pertanto ti consiglio di sottoscrivere un piano di accumulo solo se questo è finalizzato al raggiungimento di un obiettivo chiaro, con una scadenza ben precisa. L’obiettivo può essere a breve, medio o lungo termine. Vediamo qualche esempio.

Obiettivo di Breve termine: vacanze negli USA tra 2 anni

Vuoi portare tua moglie e tuo figlio negli Stati Uniti per una vacanza memorabile ma non hai soldi a sufficienza? Non ti scoraggiare, hai due soluzioni: fai un prestito che ripagherai nei prossimi anni oppure decidi di mettere dei soldi da parte. Propendi per questa seconda soluzione? Bene! L’obiettivo è accumulare circa 7.000 euro. Facendo un pò di sacrifici puoi risparmiare, diciamo, 300 euro al mese.

Fonte: NEF Investiments – https://www.nef.lu – Il valore del capitale investito è calcolato al lordo di spese e oneri trattenuti dal collocatore e al lordo di un’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate

Qui di sopra una simulazione che prevede il versamento mensile di 300 euro per un periodo di 2 anni. Dopo 24 mesi avrai versato un totale di 7.200 euro (colonna Capitale Investito).

Nella simulazione ho previsto un rendimento medio dell’1%, ipotesi molto prudenziale, dato il breve orizzonte temporale. In questo caso siamo di fronte più ad un risparmio forzoso che ad un investimento vero e proprio. Il raggiungimento dell’obiettivo prefissato è dato quasi esclusivamente dalle somme versate da te che non dal rendimento ottenuto. Ma poco importa. L’importante era portare la famiglia negli Stati Uniti, e ci sei riuscito in appena due anni. Buon viaggio!

Obiettivo di Medio Termine: studi universitari tra 15 anni

Tuo figlio ha oggi 3 anni; tu e la mamma (o tu e il papà) lavorate e volete mettere da parte qualcosa per permettergli degli studi universitari dignitosi, magari all’estero. Non sarà semplice ma, facendo dei conti, potete mettere da parte, in totale, 250 euro al mese. Vediamo se ne vale la pena.

Fonte: NEF Investiments – https://www.nef.lu – Il valore del capitale investito è calcolato al lordo di spese e oneri trattenuti dal collocatore e al lordo di un’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate

Ipotizzando un rendimento medio annuo del 4% (abbastanza realistico per un periodo di 15 anni), alla scadenza del piano avrete accumulato più di 60.000 euro, decisamente una bella cifra che vi permetterà di offrire a vostro figlio varie alternative universitarie. In questo caso, il fattore tempo inizia a dare i suoi frutti; infatti più del 25% del valore totale dell’investimento finale è frutto della rivalutazione del capitale investito.

Obiettivo di Lungo Termine: pensione integrativa tra 40 anni

Hai appena iniziato a lavorare e hai sentito che, nella migliore delle ipotesi, la pensione sarà pari alla metà dello stipendio? Purtroppo è proprio così, se non ci credi clicca qui per effettuare una simulazione (clicca qui invece se vuoi approfondire le tue conoscenze sulla previdenza complementare). Facendo due conti, anche se non sarà semplice, puoi rinunciare a 250 euro al mese. Vediamo cosa succede ipotizzando un versamento costante di 250€ al mese per 40 anni, stimando un rendimento annuo medio del 5% (realistico se non addirittura prudente visto il lungo orizzonte temporale).

Fonte: NEF Investiments – https://www.nef.lu – Il valore del capitale investito è calcolato al lordo di spese e oneri trattenuti dal collocatore e al lordo di un’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate

A scadenza potrai disporre di un capitale di circa 370 mila euro, mica male! Adesso ti chiedo di fare attenzione alla composizione del capitale finale. In un orizzonte così lungo, il rendimento fa più che triplicare il capitale investito. Cliccando qui scoprirai inoltre che, convertendo in rendita vitalizia un capitale del genere otterrai una pensione integrativa annua di circa 26 mila euro!

PAC azionario o obbligazionario?

Dipende dall’orizzonte temporale e dalla tua propensione al rischio. Certamente, nella fase iniziale dei versamenti, il Piano di accumulo dà il meglio con gli strumenti azionari. Sarà poi cura del tuo gestore o consulente finanziario guidarti nella modifica della composizione man mano che ti avvicini all’obiettivo.

Per concludere

Il Pac, se associato a due ingredienti magici nel mondo degli investimenti, e cioè tempo e disciplina, è un’arma formidabile per raggiungere anche i più ambizioni degli obiettivi. Niente scorciatoie, niente bacchetta magica, niente adrenalina; non è necessaria un’intelligenza sopra la media, né tantomeno un talento innato, niente di tutto questo! Solo tempo, pazienza (tanta pazienza), disciplina e focalizzazione sull’obiettivo. E ovviamente un bravo consulente che ti sappia consigliare, guidare, motivare lungo il tragitto.

Ciao, alla prossima.

La fuga dall’obbligazionario

I numeri parlano chiaro: nel 2018, in Italia, sono stati disinvestiti fondi obbligazionari per oltre 25 miliardi di euro. Una vera e propria fuga dall’obbligazionario. Una fuga che sa di enorme paura, di “ritirata”, ma anche di ignoranza, di incompetenza. Una fuga che dimostra quanto lavoro ancora c’è da fare in Italia in termini di educazione finanziaria dei risparmiatori ma anche e soprattutto degli addetti ai lavori.

E’ corretto uscire dai fondi obbligazionari quando i tassi salgono? Ne ho già parlato in un precedente post, clicca qui se vuoi approfondire.

Questi numeri ci dicono che non è per niente chiaro cosa vuol dire investire in strumenti obbligazionari, figuriamoci se l’investimento avviene in maniera indiretta mediante fondi comuni di investimento o Sicav. Per di più questi rimborsi generalizzati non sono stati per niente indolore. Le perdite portate a casa dai risparmiatori sono state ingenti.

fonte: www.assogestioni.it

Nella tabella, consultabile sul sito di Assogestioni (clicca qui per consultare l’analisi completa), vediamo come nel solo IV trimestre del 2018, sono stati rimborsati complessivamente circa 11 miliardi di euro, di cui 5,5 miliardi fuoriescono dal mondo obbligazionario e circa 5 miliardi dai fondi flessibili. E poiché non si vedono incrementi contestuali significativi in altre tipologie di fondi aperti, fatta eccezione per 2,6 miliardi di entrate nei fondi monetari (che non possono generare rendimento in questo contesto di tassi a breve molto bassi), è lecito pensare che il grosso di tali somme siano andate ad adagiarsi sui conti correnti dei risparmiatori.

Qualcosa non quadra

Ma perché quando i risparmiatori italiani erano soliti acquistare obbligazioni governative (BTP) e obbligazioni bancarie, erano bravi a mantenerle fino a scadenza, mentre adesso assistiamo a questo “sciacquone” obbligazionario? Io ovviamente non me la prendo con gli ignari risparmiatori, ai quali è stato inferto questo ennesimo duro colpo, ma me la prendo con gli addetti ai lavori, perché qualcosa non quadra. Non mi aspetto dagli investitori italiani una accurata preparazione sulle caratteristiche di un fondo obbligazionario, ma credo sia lecito attendersela dai gestori e consulenti finanziari. Provo a fare con voi un ragionamento.

Un fondo obbligazionario non è una obbligazione

Tra un singolo titolo obbligazionario e un contenitore pieno di titoli obbligazionari c’è una bella differenza (vuoi sapere cosa sono le obbligazioni e come funzionano? clicca qui , te lo spiego volentieri). Il fondo obbligazionario si comporta in maniera significativamente diversa da quella cui è abituato chi ha sempre e soltanto acquistato titoli di Stato o obbligazioni bancarie.

Il fondo ad accumulazione

Tutte le cedole staccate dalle obbligazioni in essere all’interno del fondo rimangono all’interno del fondo stesso, che le adopera per acquistare nuovi strumenti obbligazionari. Quindi un risparmiatore abituato a ricevere le cedole periodiche da un’obbligazione, sottoscrivendo un fondo obbligazionario ad accumulazione, non vedrà più questi accrediti periodici.

Di contro presenta due enormi vantaggi: il primo di natura fiscale, in quanto non pagherai la tassazione sul capital gain se non al momento del rimborso (mentre le cedole delle obbligazioni sono tassate immediatamente). Il secondo legato al rendimento, in quanto le cedole non distribuite, rimanendo all’interno del fondo, diventeranno capitale che genererà ulteriori rendimenti.

Il fondo obbligazionario a distribuzione

E’ pensato proprio per rispondere al bisogno del cliente di un flusso periodico. Ma fai attenzione! Non si tratta di cedole bensì di “distribuzioni di proventi”; in pratica vi è un meccanismo automatico che periodicamente provvede al rimborso di una piccola parte del fondo. Tanto più bravo sarà il gestore del fondo obbligazionario quanto più questo flusso di anticipazioni che il cliente riceve durante l’anno corrisponderà al rendimento del fondo. In altri termini tanto più bravo sarà il gestore del fondo obbligazionario quanto più il capitale originariamente investito dal cliente, al netto delle anticipazioni erogate, rimarrà intatto o addirittura aumenterà.

Il fondo obbligazionario non ha una scadenza contrattuale

è un contenitore riempito con obbligazioni di diversa durata per il quale è possibile calcolare una scadenza media, ma è importantissimo capire che non è la stessa cosa. Quando acquisti un titolo obbligazionario, governativo o societario, alla scadenza, se non è fallito l’emittente riceverai per contratto il capitale investito (se il titolo verrà rimborsato alla pari). Se invece hai sottoscritto un fondo obbligazionario, quando i titoli presenti all’interno del fondo giungeranno a scadenza, questi verranno rimborsati all’interno del fondo, che provvederà a reinvestirli con titoli di natura analoga.

Il fondo obbligazionario ha un orizzonte temporale dichiarato

Se è vero che il fondo non ha una scadenza contrattuale, è anche vero che il fondo ha un orizzonte temporale dichiarato. Cosa vuol dire? Semplicissimo (se qualcuno te lo spiega!): poiché sono note le scadenze dei titoli acquistati e l’ammontare delle cedole che il fondo incasserà, è possibile calcolare il tempo necessario affinché, mio caro investitore, tu possa rientrare in possesso del capitale investito (al netto di eventuali default, o fallimenti di emittenti di titoli detenuti dal fondo).

Il fondo obbligazionario ha un grado di rischio dichiarato

Esistono fondi obbligazionari molto diversi tra loro. Ci sono fondi che possono comprare esclusivamente titoli di emittenti appartenenti ad una certa area geografica, con un livello minimo di solidità o rating; o ancora solo obbligazioni con scadenze brevi, solo obbligazioni governative etc. etc. Ne consegue che sebbene siano tutti chiamati fondi obbligazionari, questi reagiranno in maniera completamente diversa alla normale volatilità del mercato. Quando sottoscrivi un preciso fondo obbligazionario, assumerai un preciso livello di rischio, attendendoti un preciso livello di rendimento.

Adesso io mi chiedo…

Ma il risparmiatore che ha sottoscritto dei fondi di investimento obbligazionari e che li ha disinvestiti con questa brutalità nel corso del 2018:

  1. Aveva perfettamente chiara la differenza che esiste tra un titolo obbligazionario e un fondo obbligazionario ?
  2. Sapeva perché un fondo ad accumulazione non distribuisce cedole e quali erano per lui i vantaggi legati alla capitalizzazione composta e all’efficienza fiscale?
  3. Era noto che la distribuzione di proventi di un fondo a distribuzione è cosa ben diversa dallo stacco di cedola di un titolo obbligazionario?
  4. Sapeva che un fondo obbligazionario non ha una scadenza contrattuale ma ha comunque un orizzonte temporale consigliato? e che se avesse tenuto il fondo per il periodo consigliato non avrebbe quasi certamente conseguito perdite?
  5. Sapeva che i fondi obbligazionari non sono tutti uguali ma che ve ne sono di poco rischiosi ma anche di rischiosissimi?

A giudicare dalle vendite indiscriminate, dal comportamento assolutamente irrazionale dettato dalla pancia e dall’emotività, probabilmente tutte queste cose non le sapeva o per lo meno non le aveva perfettamente chiare.

Non può esserci che una sola ragione

Poiché è difficile pensare che tutti questi investitori abbiamo provveduto in maniera autonoma ad acquistare prima e a svendere poi i fondi obbligazionari detenuti, si ravvisa a mio parere una insufficiente qualità della consulenza finanziaria che questi soggetti hanno ricevuto. Ad un gestore bancario o ad un consulente finanziario è giusto chiedere una conoscenza approfondita delle dinamiche di un fondo obbligazionario ed è lecito attendersi che sappia spiegartele bene e con parole semplici. Da un bravo gestore o consulente finanziario è doveroso attendersi un supporto fondato sulla sua competenza ed esperienza, che sappia rassicurarti nelle fasi difficili di mercato e dissuaderti dal compiere scelte poco razionali.

E adesso che stiamo assistendo ad un ritorno di rendimento nel mondo obbligazionario, è doppiamente frustrante pensare a circa 25 miliardi di euro che non ne beneficeranno.

Concludo con una bella notizia

Fortunatamente esistono tanti consulenti finanziari bravi e preparati; esistono tanti strumenti finanziari validi, efficienti, non molto costosi e con una storia fatta di rendimenti costanti nel tempo. Sta a te capire l’importanza di essere affiancato da un professionista valido piuttosto che da un mediocre venditore.

Che relazione c’è tra i tassi di interesse e i mercati finanziari?

Quando le Banche Centrali sono prossime a riunirsi per prendere delle decisioni che riguardano i tassi di interesse tutti gli operatori finanziari vanno in fibrillazione, i mercati letteralmente si fermano in attesa di capire come muoversi in relazione a quanto comunicherà l’Oracolo Banca Centrale, che sia la Federal Reserve americana, la Banca Centrale Europea o le altre Banche Centrali mondiali. Ma ti sei mai chiesto perché ciò avviene? Che relazione c’è tra i tassi di interesse annunciati dalle Banche Centrali e i mercati finanziari? Prenditi due minuti e mettiti comodo: oggi ti parlo proprio di questo. Ovviamente, come sempre, con parole semplici.

Quando i tassi di interesse sono bassi

Nella fase di un ciclo economico in cui i tassi di interesse sono molto bassi avvengono contemporaneamente tante cose.

Prendere soldi a prestito costa meno

E’ un ottimo momento per fare debito. Chi deve comprare casa chiede un mutuo, approfittando dei tassi bassi; chi deve comprare una nuova auto sceglie di farlo adesso potendo accendere un finanziamento a tassi più bassi. In sintesi i tassi bassi sostengono i consumi, stimolando la domanda. Aumentando la domanda di beni e servizi aumenta la produzione industriale e quindi gli utili delle aziende sono proiettati al rialzo. Gli investimenti a basso rischio obbligazionari sono poco remunerativi proprio a causa dei bassi tassi di interesse e quindi si preferisce il mondo azionario, trainato al rialzo dalla crescita dei consumi. Sembra il Paese dei balocchi per un investitore, ma non può durare per sempre. Sai perché?

L’inflazione inizia ad aumentare

L’aumento della domanda di beni e servizi porta ad un aumento generalizzato dei prezzi. Più un bene viene richiesto più ne aumenta il prezzo, è la più antica e più nota legge di mercato. Un aumento generalizzato dei prezzi dei beni e servizi prende il nome di inflazione che porta come conseguenza la diminuzione del potere di acquisto della moneta. Se ieri per acquistare un bene pagavo 10 euro ed oggi per acquistare lo stesso bene ne pago 11, vuol dire che il potere di acquisto della moneta è diminuito del 10%, che lo stipendio che percepisco oggi vale di meno (clicca qui per approfondire il concetto di inflazione).

Come si contrasta l’inflazione?

Per attenuare l’effetto dell’inflazione le Banche Centrali alzano i tassi di interesse, così facendo comincia il processo inverso. Le persone iniziano a indebitarsi di meno perché adesso i mutui e i prestiti hanno rate più care; devono spendere di più per ripagare gli interesse sui debiti in essere e quindi consumano meno. Le aziende pertanto vendono meno e si abbassano le stime sugli utili futuri. Nel frattempo il rialzo dei tassi rende più appetibili gli strumenti obbligazionari.

Idee più chiare

Abbiamo certamente appreso una regola molto importante: quando i tassi sono bassi lo scenario è in generale positivo per il contesto azionario e meno appetibile per il mondo obbligazionario. Viceversa, in un contesto di tassi alti è esattamente il contrario: il mondo azionario diventa meno appetibile, mentre si fa interessante il rendimento delle obbligazioni.

Non è però così semplice

Adesso che hai compreso questa relazione tra tassi di interesse e mercati finanziari vuoi subito correre ad investire? Frena un attimo: non è tutto così lineare e semplice, soprattutto per le seguenti ragioni:

  • le diverse economie mondiali sono nello stesso momento posizionate su diversi livelli del ciclo economico: ad esempio in questo momento il ciclo economico statunitense è molto più maturo di quello europeo. Negli USA è già partito da un pò il percorso di rialzo dei tassi che non è ancora neanche iniziato in Europa. E poiché le economie di diversi stati sono comunque molto interconnesse tra loro bisogna valutare anche questi aspetti.
  • Mentre l’economia reale ha bisogno di tempo affinché i movimenti a rialzo o a ribasso dei tassi di interesse producano i loro effetti, il mondo finanziario normalmente anticipa questi fenomeni, reagisce prima che questi si manifestano. Addirittura cerca di capire, attraverso le dichiarazioni delle Banche Centrali, quali saranno le imminenti azioni provando ad anticiparle.
  • In alcuni casi si può assistere a reazioni dei mercati che sembrano violare la regola appena imparata. Provo a spiegartelo con un esempio. Se il mercato aveva scommesso su un rialzo imminente di 0,50% dei tassi di interesse ma poi la Banca Centrale aveva ufficializzato un rialzo di 0,25%, assisteremo ad una reazione euforica dei mercati azionari, seppur in presenza di un rialzo dei tassi. Questo perché i prezzi delle azioni si erano già erroneamente adeguati ad un aumento previsto dello 0,50% dei tassi di interesse.
  • Infine la variabile tassi di interesse, per quanto importante, non è l’unica ad influenzare l’andamento dei mercati finanziari azionari ed obbligazionari. Esistono molteplici altri fattori, soprattutto di natura geopolitica e demografica.

Per non sbagliare

Che insegnamento possiamo trarre da quanto detto finora? A mio avviso l’insegnamento più importante è quello che un buon portafoglio di investimento deve necessariamente comprendere contemporaneamente strumenti azionari e strumenti obbligazionari per avere sempre degli strumenti performanti in qualunque fase del ciclo economico. La dose di azionario e di obbligazionario dipenderà certamente dalla propensione al rischio dell’investitore e dall’orizzonte temporale, ma è bene che le due componenti siano entrambe presenti. Un bravo consulente finanziario saprà certamente individuare la giusta composizione e i giusti strumenti in relazione ai tuoi specifici obiettivi di investimento.