La potenza dei Piani di Accumulo

Ne parlava già Benjamin Graham nel 1949 nel libro The Intelligent Investor, da molti, ancora oggi, considerato la Bibbia dei mercati finanziari. Graham lo definiva Dollar Cost Averaging, in Italia lo conosciamo con il nome di Piano di Accumulo o PAC. Approfondiremo le sue caratteristiche principali, a cosa serve e come funziona. Scopriremo che la potenza dei Piani di Accumulo può essere davvero straordinaria! Se sei pronto cominciamo, come sempre con parole semplici.

Reddito e Patrimonio

Ti piacerebbe investire ma non hai dei soldi da parte? Puoi farlo, a condizione però di percepire un reddito periodico. Ecco quindi la prima differenza che è importante capire: quella tra patrimonio e reddito. Il patrimonio è un concetto statico: misura l’ammontare dei tuoi possedimenti in un dato momento. Il reddito è invece un concetto dinamico: sono le somme che vengono percepite periodicamente sotto forma di salario, stipendio, onorario, parcella etc. Il Piano di Accumulo è un sistema intelligente che consiste nell’adoperare parte del reddito mensile per costruire un patrimonio.

Si parte!

Hai deciso di mettere dei soldi da parte ogni mese? Sei motivato a sufficienza? Ottimo! Arriva lo stipendio, ne prendi una piccola parte, ad esempio il 10% e lo sposti in uno strumento di risparmio o di investimento. L’euforia è tanta, ogni tanto vai a dare un’occhiata allo strumento di risparmio appena acquistato, ma trovi delle differenze impercettibili, la somma è ancora troppo piccola. Ecco che arriva il secondo stipendio, prelevi la stessa somma e la versi nello strumento di risparmio. Continui ad osservarne l’andamento, ma la cifra è ancora esigua e i movimenti impercettibili. Ti accorgi che la motivazione e l’entusiasmo iniziano a scarseggiare.

Il terzo mese, una volta percepito lo stipendio, lungo il tragitto per andare in Banca, osservi un bellissimo paio di scarpe in una vetrina. “Sai che ti dico? Solo per questo mese non verso il 10% nello strumento di risparmio; mi compro queste scarpe bellissime e pure scontate; mi riprometto di riprendere i versamenti il mese prossimo!” Sai già come finisce la storia, vero? Come in tutte le cose, quando cominciano a scarseggiare la motivazione e l’entusiasmo iniziale, e per di più non vedi alcun risultato tangibile frutto dei tuoi sacrifici, i buoni propositi vanno a farsi benedire. La creazione del patrimonio è terminata ancor prima di cominciare!

L’importanza dell’automatismo

Per contrastare il calo della motivazione ti viene in soccorso il prelievo automatico. In pratica puoi dare istruzioni alla tua banca di prelevare automaticamente la somma dal conto corrente ogni mese e di versarla in automatico nello strumento di risparmio o di investimento, normalmente un fondo comune o una polizza. Mediante questo prelievo “forzoso” elimini la somma dalla disponibilità del conto corrente e contrasti la tentazione di venire meno all’impegno!

La necessità di un obiettivo

Se segui il mio blog da un pò di tempo, lo avrai già letto: non ha alcun senso, a mio avviso, fare dei sacrifici di natura economica, se non ti sei prefissato un chiaro obiettivo da raggiungere. Sarà l’obiettivo a darti la forza di perseverare nei momenti di difficoltà che certamente troverai lungo il cammino. Pertanto ti consiglio di sottoscrivere un piano di accumulo solo se questo è finalizzato al raggiungimento di un obiettivo chiaro, con una scadenza ben precisa. L’obiettivo può essere a breve, medio o lungo termine. Vediamo qualche esempio.

Obiettivo di Breve termine: vacanze negli USA tra 2 anni

Vuoi portare tua moglie e tuo figlio negli Stati Uniti per una vacanza memorabile ma non hai soldi a sufficienza? Non ti scoraggiare, hai due soluzioni: fai un prestito che ripagherai nei prossimi anni oppure decidi di mettere dei soldi da parte. Propendi per questa seconda soluzione? Bene! L’obiettivo è accumulare circa 7.000 euro. Facendo un pò di sacrifici puoi risparmiare, diciamo, 300 euro al mese.

Fonte: NEF Investiments – https://www.nef.lu – Il valore del capitale investito è calcolato al lordo di spese e oneri trattenuti dal collocatore e al lordo di un’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate

Qui di sopra una simulazione che prevede il versamento mensile di 300 euro per un periodo di 2 anni. Dopo 24 mesi avrai versato un totale di 7.200 euro (colonna Capitale Investito).

Nella simulazione ho previsto un rendimento medio dell’1%, ipotesi molto prudenziale, dato il breve orizzonte temporale. In questo caso siamo di fronte più ad un risparmio forzoso che ad un investimento vero e proprio. Il raggiungimento dell’obiettivo prefissato è dato quasi esclusivamente dalle somme versate da te che non dal rendimento ottenuto. Ma poco importa. L’importante era portare la famiglia negli Stati Uniti, e ci sei riuscito in appena due anni. Buon viaggio!

Obiettivo di Medio Termine: studi universitari tra 15 anni

Tuo figlio ha oggi 3 anni; tu e la mamma (o tu e il papà) lavorate e volete mettere da parte qualcosa per permettergli degli studi universitari dignitosi, magari all’estero. Non sarà semplice ma, facendo dei conti, potete mettere da parte, in totale, 250 euro al mese. Vediamo se ne vale la pena.

Fonte: NEF Investiments – https://www.nef.lu – Il valore del capitale investito è calcolato al lordo di spese e oneri trattenuti dal collocatore e al lordo di un’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate

Ipotizzando un rendimento medio annuo del 4% (abbastanza realistico per un periodo di 15 anni), alla scadenza del piano avrete accumulato più di 60.000 euro, decisamente una bella cifra che vi permetterà di offrire a vostro figlio varie alternative universitarie. In questo caso, il fattore tempo inizia a dare i suoi frutti; infatti più del 25% del valore totale dell’investimento finale è frutto della rivalutazione del capitale investito.

Obiettivo di Lungo Termine: pensione integrativa tra 40 anni

Hai appena iniziato a lavorare e hai sentito che, nella migliore delle ipotesi, la pensione sarà pari alla metà dello stipendio? Purtroppo è proprio così, se non ci credi clicca qui per effettuare una simulazione (clicca qui invece se vuoi approfondire le tue conoscenze sulla previdenza complementare). Facendo due conti, anche se non sarà semplice, puoi rinunciare a 250 euro al mese. Vediamo cosa succede ipotizzando un versamento costante di 250€ al mese per 40 anni, stimando un rendimento annuo medio del 5% (realistico se non addirittura prudente visto il lungo orizzonte temporale).

Fonte: NEF Investiments – https://www.nef.lu – Il valore del capitale investito è calcolato al lordo di spese e oneri trattenuti dal collocatore e al lordo di un’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate

A scadenza potrai disporre di un capitale di circa 370 mila euro, mica male! Adesso ti chiedo di fare attenzione alla composizione del capitale finale. In un orizzonte così lungo, il rendimento fa più che triplicare il capitale investito. Cliccando qui scoprirai inoltre che, convertendo in rendita vitalizia un capitale del genere otterrai una pensione integrativa annua di circa 26 mila euro!

PAC azionario o obbligazionario?

Dipende dall’orizzonte temporale e dalla tua propensione al rischio. Certamente, nella fase iniziale dei versamenti, il Piano di accumulo dà il meglio con gli strumenti azionari. Sarà poi cura del tuo gestore o consulente finanziario guidarti nella modifica della composizione man mano che ti avvicini all’obiettivo.

Per concludere

Il Pac, se associato a due ingredienti magici nel mondo degli investimenti, e cioè tempo e disciplina, è un’arma formidabile per raggiungere anche i più ambizioni degli obiettivi. Niente scorciatoie, niente bacchetta magica, niente adrenalina; non è necessaria un’intelligenza sopra la media, né tantomeno un talento innato, niente di tutto questo! Solo tempo, pazienza (tanta pazienza), disciplina e focalizzazione sull’obiettivo. E ovviamente un bravo consulente che ti sappia consigliare, guidare, motivare lungo il tragitto.

Ciao, alla prossima.

Fondi o ETF? Gestione attiva o passiva?

E’ una domanda molto frequente nel mondo finanziario. Che non ha una risposta giusta o sbagliata, ma due correnti di pensiero differenti. Oggi proveremo a capire la differenza tra i Fondi a gestione attiva e gli ETF, o Exchange Traded Funds. E’ meglio avere dei Fondi o degli ETF in portafoglio? Meglio la gestione attiva o la gestione passiva? Ne parliamo, come sempre, con parole semplici.

Entriamo nel mondo azionario italiano

Immagina di voler acquistare dell’azionario Italiano. Hai fondamentalmente 3 scelte. La prima è quella di acquistare direttamente le azioni. Diventi a tutti gli effetti un socio delle aziende da te scelte; se il valore dei titoli da te acquistati aumenta il tuo investimento crescerà, se l’azienda distribuirà utili sotto forma di dividendi, tu li riceverai in proporzione al numero di azioni che hai acquistato. Se invece il valore dei titoli scenderà il tuo investimento diminuirà. Ti sconsiglio vivamente questa forma di investimento azionario a meno che tu non sia un esperto conoscitore dei bilanci delle società quotate e delle regole di trading.

La gestione attiva

La seconda scelta consiste nell’acquistare un fondo azionario italiano. In pratica sottoscrivi delle quote di uno strumento di risparmio gestito che si occuperà di selezionare quali e quante aziende del mercato azionario italiano acquistare.

Immagina il fondo come un grande pentolone dove confluiscono tutti i soldi dei sottoscrittori. Il team di gestione si prenderà giornalmente la responsabilità di decidere cosa acquistare e cosa vendere all’interno del mercato azionario italiano, con il preciso obiettivo di fornire ai sottoscrittori un rendimento maggiore di quello del mercato italiano. Da qui il concetto di “gestione attiva”: sfruttare le competenze del team di gestione per fornire ai sottoscrittori del fondo un rendimento maggiore di quello del mercato. Il team di gestione percepirà un compenso per questa sua attività: la commissione di gestione, a carico dei sottoscrittori del fondo.

Quando il mercato sale

Facciamo un esempio concreto. Supponiamo che il mercato azionario italiano abbia registrato, nell’anno in esame, un rendimento del 5%. Il fondo A e il fondo B, entrambi 100% azionario Italia, hanno avuto rispettivamente un rendimento, al netto dei costi, del 3% e del 7%. Entrambi hanno registrato performance positive, ma il fondo B ha avuto una gestione attiva migliore, più efficace, in grado di offrire un rendimento maggiore di quello registrato dal mercato. Il fondo A ha performato male, in quanto ha avuto una performance peggiore di quella del mercato di riferimento.

Quando il mercato scende

Supponiamo questa volta che nell’anno in esame il FTSE Mib abbia perso il 4%. Il fondo A e il fondo B hanno avuto una performance, al netto dei costi, rispettivamente pari a -2% e -6%. Sebbene siano entrambe performance negative in valore assoluto, questa volta il team di gestione del fondo A è stato bravo, in quanto è riuscito a contenere le perdite, facendo registrare una performance di 2 punti migliore del mercato. Non altrettanto bravo è stato il fondo B, che ha performato peggio del mercato.

Spero di averti trasferito il concetto di gestione attiva. Significa in pratica delegare a dei professionisti il compito delicato di scegliere cosa comprare, quando comprarlo e quanto comprarne con l’obiettivo di ottenere un rendimento migliore del mercato di riferimento. A fronte di questo sosterrai un costo dato dalle commissioni di gestione.

La gestione passiva

La terza scelta che puoi fare è quella di acquistare un ETF azionario Italia. Molto semplicemente l’ETF è uno strumento finanziario che si limita a replicare l’andamento del mercato di riferimento; ha quindi un andamento passivo, viene gestito senza un grosso apporto umano e quindi avrà un andamento sincronizzato con il mercato. E’ facile capire che la gestione passiva genera commissioni di gestione inferiori, pertanto il costo annuo degli ETF è significativamente inferiore a quello dei fondi.

Tornando agli esempi visti prima se il mercato italiano ha fatto registrare un incremento del 5% l’ETF avrà fatto registrare, al netto dei costi, una performance di poco inferiore al 5% (la commissione di gestione può ovviamente variare, ma sarà abbastanza contenuta); se viceversa il mercato italiano avesse perso il 4% l’ETF azionario Italia avrebbe fatto registrare una perdita leggermente maggiore.

Fondi o ETF ?

Adesso che li conosciamo meglio, possiamo fare delle valutazioni che ci aiutino a capire cosa è meglio scegliere. Entriamo da questo momento nel campo delle opinioni, ed io sono ben contento di darti la mia opinione, che però non ha la presunzione di essere la verità assoluta, né tantomeno potrà essere condivisa da tutti.

Chi sostiene sia meglio scegliere gli ETF fonda le sue argomentazioni sul costo e sul fatto che nel lungo termine gli indici hanno di norma performance positive. Perché pagare alte commissioni di gestione se posso comprare uno strumento che investe nello stesso mercato ad un costo inferiore?

Chi difende i Fondi sostiene che nelle fasi più turbolente di mercato è giusto affidarsi ad un team di gestione esperto che sappia portare la barca fuori dalla tempesta. In quelle fasi infatti l’ETF non può far altro che crollare assieme al mercato, mentre il fondo a gestione attiva potrà difendersi in maniera più efficiente.

Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta

I tifosi della Juventus conoscono bene questa frase, divenuta un motto della squadra bianconera. Senza entrare in discussioni calcistiche, prendo a prestito questa frase e la trasferisco nel mondo degli investimenti. Molto semplicemente, io credo che, a prescindere dagli strumenti scelti per costruire il nostro portafoglio di investimento, il fine ultimo è quello di avere il rendimento migliore possibile sopportando il giusto rischio. Per tale motivo credo sia opportuno dedicare tanto tempo alle selezione iniziale degli strumenti, senza pregiudizi e cercando di portare a casa i migliori fuoriclasse in ogni ruolo.

Converrai con me che un ETF non potrà mai fare meglio del mercato, giusto? Infatti per definizione l’ETF replica il mercato. Per cui, se riesco a trovare dei fondi a gestione attiva che sono in grado di fare meglio del mercato, di farlo costantemente, al netto dei costi, posso sostenere che quantomeno fino a quel momento, questi fondi si sono comportati meglio degli ETF? Io credo di si. E se ho dovuto pagare delle commissioni di gestione più alte, ma chi se ne frega? Il mio rendimento finale sarà comunque maggiore di quello dell’ETF. Ho ottenuto un ottimo servizio, per cui l’ho pagato, ma ho portato a casa di più. Punto, fine della discussione.

Volete qualche esempio?

Figura 1 – Sicav Azionaria Globale, fonte Morningstar

In figura 1 puoi osservare l’andamento degli ultimi 8 anni di una Sicav che investe nel mercato dell’Azionario Internazionale. La linea rossa esprime l’andamento del fondo, la linea arancione rappresenta l’andamento medio della categoria (cioè la media di rendimento di tutti i fondi dello stesso tipo), la linea verde rappresenta l’indice di riferimento, rappresenta cioè il mercato. I rendimenti sono tutti al netto dei costi. Posso affermare che questa Sicav si comporta da più di 8 anni meglio del mercato e quindi meglio di qualsiasi ETF? Io credo di si. Non a caso il famoso sito di valutazione di fondi ed ETF Morningstar gli attribuisce 5 stelle.

Figura 2 – Sicav Obbligazionaria Flessibile Globale, fonte Morningstar

In figura 2 vediamo l’andamento degli ultimi 6 anni di una Sicav che investe nel mercato degli obbligazionari flessibili globali. Batte costantemente sia la categoria che il mercato. Morningstar gli attribuisce 5 stelle e medaglia d’argento. Posso affermare che fino ad oggi ha fatto meglio del mercato, e quindi di qualunque ETF? Credo di si.

Figura 3 – Sicav Azionaria Globale, fonte Morningstar

In figura 3 un Fondo che, viceversa, non ha mai performato meglio del mercato, che anzi si discosta da questo sempre più anno dopo anno. Ha una sola stella Morningstar e in questo caso i costi, maggiori di un ETF, non sono a mio avviso giustificati. Non opterei per una scelta del genere.

Conclusioni

Sebbene siano molte, troppe, le Sicav dove i costi sostenuti non sono giustificati dal rendimento finale, questo non vuol dire che non ne esistano di eccellenti. E fin quando ci saranno degli strumenti di gestione attiva che dimostreranno concretamente, costantemente, oggettivamente, di comportarsi meglio del mercato, e quindi della gestione passiva o degli ETF, io personalmente, opterò per la gestione attiva. Non per partito preso, ma banalmente perché, a parità di rischio, ottengo un rendimento maggiore. Ciao, alla prossima.

La fuga dall’obbligazionario

I numeri parlano chiaro: nel 2018, in Italia, sono stati disinvestiti fondi obbligazionari per oltre 25 miliardi di euro. Una vera e propria fuga dall’obbligazionario. Una fuga che sa di enorme paura, di “ritirata”, ma anche di ignoranza, di incompetenza. Una fuga che dimostra quanto lavoro ancora c’è da fare in Italia in termini di educazione finanziaria dei risparmiatori ma anche e soprattutto degli addetti ai lavori.

E’ corretto uscire dai fondi obbligazionari quando i tassi salgono? Ne ho già parlato in un precedente post, clicca qui se vuoi approfondire.

Questi numeri ci dicono che non è per niente chiaro cosa vuol dire investire in strumenti obbligazionari, figuriamoci se l’investimento avviene in maniera indiretta mediante fondi comuni di investimento o Sicav. Per di più questi rimborsi generalizzati non sono stati per niente indolore. Le perdite portate a casa dai risparmiatori sono state ingenti.

fonte: www.assogestioni.it

Nella tabella, consultabile sul sito di Assogestioni (clicca qui per consultare l’analisi completa), vediamo come nel solo IV trimestre del 2018, sono stati rimborsati complessivamente circa 11 miliardi di euro, di cui 5,5 miliardi fuoriescono dal mondo obbligazionario e circa 5 miliardi dai fondi flessibili. E poiché non si vedono incrementi contestuali significativi in altre tipologie di fondi aperti, fatta eccezione per 2,6 miliardi di entrate nei fondi monetari (che non possono generare rendimento in questo contesto di tassi a breve molto bassi), è lecito pensare che il grosso di tali somme siano andate ad adagiarsi sui conti correnti dei risparmiatori.

Qualcosa non quadra

Ma perché quando i risparmiatori italiani erano soliti acquistare obbligazioni governative (BTP) e obbligazioni bancarie, erano bravi a mantenerle fino a scadenza, mentre adesso assistiamo a questo “sciacquone” obbligazionario? Io ovviamente non me la prendo con gli ignari risparmiatori, ai quali è stato inferto questo ennesimo duro colpo, ma me la prendo con gli addetti ai lavori, perché qualcosa non quadra. Non mi aspetto dagli investitori italiani una accurata preparazione sulle caratteristiche di un fondo obbligazionario, ma credo sia lecito attendersela dai gestori e consulenti finanziari. Provo a fare con voi un ragionamento.

Un fondo obbligazionario non è una obbligazione

Tra un singolo titolo obbligazionario e un contenitore pieno di titoli obbligazionari c’è una bella differenza (vuoi sapere cosa sono le obbligazioni e come funzionano? clicca qui , te lo spiego volentieri). Il fondo obbligazionario si comporta in maniera significativamente diversa da quella cui è abituato chi ha sempre e soltanto acquistato titoli di Stato o obbligazioni bancarie.

Il fondo ad accumulazione

Tutte le cedole staccate dalle obbligazioni in essere all’interno del fondo rimangono all’interno del fondo stesso, che le adopera per acquistare nuovi strumenti obbligazionari. Quindi un risparmiatore abituato a ricevere le cedole periodiche da un’obbligazione, sottoscrivendo un fondo obbligazionario ad accumulazione, non vedrà più questi accrediti periodici.

Di contro presenta due enormi vantaggi: il primo di natura fiscale, in quanto non pagherai la tassazione sul capital gain se non al momento del rimborso (mentre le cedole delle obbligazioni sono tassate immediatamente). Il secondo legato al rendimento, in quanto le cedole non distribuite, rimanendo all’interno del fondo, diventeranno capitale che genererà ulteriori rendimenti.

Il fondo obbligazionario a distribuzione

E’ pensato proprio per rispondere al bisogno del cliente di un flusso periodico. Ma fai attenzione! Non si tratta di cedole bensì di “distribuzioni di proventi”; in pratica vi è un meccanismo automatico che periodicamente provvede al rimborso di una piccola parte del fondo. Tanto più bravo sarà il gestore del fondo obbligazionario quanto più questo flusso di anticipazioni che il cliente riceve durante l’anno corrisponderà al rendimento del fondo. In altri termini tanto più bravo sarà il gestore del fondo obbligazionario quanto più il capitale originariamente investito dal cliente, al netto delle anticipazioni erogate, rimarrà intatto o addirittura aumenterà.

Il fondo obbligazionario non ha una scadenza contrattuale

è un contenitore riempito con obbligazioni di diversa durata per il quale è possibile calcolare una scadenza media, ma è importantissimo capire che non è la stessa cosa. Quando acquisti un titolo obbligazionario, governativo o societario, alla scadenza, se non è fallito l’emittente riceverai per contratto il capitale investito (se il titolo verrà rimborsato alla pari). Se invece hai sottoscritto un fondo obbligazionario, quando i titoli presenti all’interno del fondo giungeranno a scadenza, questi verranno rimborsati all’interno del fondo, che provvederà a reinvestirli con titoli di natura analoga.

Il fondo obbligazionario ha un orizzonte temporale dichiarato

Se è vero che il fondo non ha una scadenza contrattuale, è anche vero che il fondo ha un orizzonte temporale dichiarato. Cosa vuol dire? Semplicissimo (se qualcuno te lo spiega!): poiché sono note le scadenze dei titoli acquistati e l’ammontare delle cedole che il fondo incasserà, è possibile calcolare il tempo necessario affinché, mio caro investitore, tu possa rientrare in possesso del capitale investito (al netto di eventuali default, o fallimenti di emittenti di titoli detenuti dal fondo).

Il fondo obbligazionario ha un grado di rischio dichiarato

Esistono fondi obbligazionari molto diversi tra loro. Ci sono fondi che possono comprare esclusivamente titoli di emittenti appartenenti ad una certa area geografica, con un livello minimo di solidità o rating; o ancora solo obbligazioni con scadenze brevi, solo obbligazioni governative etc. etc. Ne consegue che sebbene siano tutti chiamati fondi obbligazionari, questi reagiranno in maniera completamente diversa alla normale volatilità del mercato. Quando sottoscrivi un preciso fondo obbligazionario, assumerai un preciso livello di rischio, attendendoti un preciso livello di rendimento.

Adesso io mi chiedo…

Ma il risparmiatore che ha sottoscritto dei fondi di investimento obbligazionari e che li ha disinvestiti con questa brutalità nel corso del 2018:

  1. Aveva perfettamente chiara la differenza che esiste tra un titolo obbligazionario e un fondo obbligazionario ?
  2. Sapeva perché un fondo ad accumulazione non distribuisce cedole e quali erano per lui i vantaggi legati alla capitalizzazione composta e all’efficienza fiscale?
  3. Era noto che la distribuzione di proventi di un fondo a distribuzione è cosa ben diversa dallo stacco di cedola di un titolo obbligazionario?
  4. Sapeva che un fondo obbligazionario non ha una scadenza contrattuale ma ha comunque un orizzonte temporale consigliato? e che se avesse tenuto il fondo per il periodo consigliato non avrebbe quasi certamente conseguito perdite?
  5. Sapeva che i fondi obbligazionari non sono tutti uguali ma che ve ne sono di poco rischiosi ma anche di rischiosissimi?

A giudicare dalle vendite indiscriminate, dal comportamento assolutamente irrazionale dettato dalla pancia e dall’emotività, probabilmente tutte queste cose non le sapeva o per lo meno non le aveva perfettamente chiare.

Non può esserci che una sola ragione

Poiché è difficile pensare che tutti questi investitori abbiamo provveduto in maniera autonoma ad acquistare prima e a svendere poi i fondi obbligazionari detenuti, si ravvisa a mio parere una insufficiente qualità della consulenza finanziaria che questi soggetti hanno ricevuto. Ad un gestore bancario o ad un consulente finanziario è giusto chiedere una conoscenza approfondita delle dinamiche di un fondo obbligazionario ed è lecito attendersi che sappia spiegartele bene e con parole semplici. Da un bravo gestore o consulente finanziario è doveroso attendersi un supporto fondato sulla sua competenza ed esperienza, che sappia rassicurarti nelle fasi difficili di mercato e dissuaderti dal compiere scelte poco razionali.

E adesso che stiamo assistendo ad un ritorno di rendimento nel mondo obbligazionario, è doppiamente frustrante pensare a circa 25 miliardi di euro che non ne beneficeranno.

Concludo con una bella notizia

Fortunatamente esistono tanti consulenti finanziari bravi e preparati; esistono tanti strumenti finanziari validi, efficienti, non molto costosi e con una storia fatta di rendimenti costanti nel tempo. Sta a te capire l’importanza di essere affiancato da un professionista valido piuttosto che da un mediocre venditore.