Controlli spesso l’andamento dei tuoi investimenti?

Sono davvero tanti gli investitori che hanno l’abitudine di monitorare frequentemente l’andamento dei loro investimenti. All’informazione finanziaria che quotidianamente viene fornita da giornali e televisioni, si somma quella proveniente dalle varie app dedicate al mondo finanziario e ai servizi di Home Banking ormai disponibili su smartphone, tablet e computer. La tentazione di osservare, giornalmente, se non addirittura più volte al giorno l’andamento dei mercati e il controvalore degli  investimenti può diventare davvero forte.

Se anche tu pensi di appartenere a questa categoria di investitori, allora questo post è dedicato a te.

Ti dico subito una cosa

Controllare il tuo portafoglio di investimenti troppo spesso è un ottimo modo per perdere soldi! 

Probabilmente mi considererai un pazzo per quello che sto per suggerirti, ma ti consiglio di  smetterla di controllare quotidianamente l’andamento dei tuoi investimenti. Perché? Adesso te lo spiego.

Le ragioni che stanno alla base del mio consiglio sono molteplici.

La tua salute mentale e finanziaria

Sebbene siamo portati a pensare che controllare l’andamento dei nostri investimenti spesso sia una buona abitudine, in realtà questo alimenta stress, impulsività, comportamento emotivo e scarsi rendimenti finanziari.

I mercati possono essere molto volatili; giornalmente può anche succedere che dapprima guadagnano, poi cambiano direzione e iniziano a perdere per poi magari chiudere la giornata in rialzo dopo un altro cambio di direzione. Basta questo a farci capire che a seconda del momento in cui ci ritroviamo a monitorarne l’andamento possiamo trovare situazioni completamente diverse. Ne consegue che più volte monitoriamo la situazione più alta è la probabilità di trovarsi davanti a ribassi momentanei.

E quando vediamo numeri negativi, normalmente rossi, emozioni di pessimismo e frustrazione iniziano a farsi strada nella nostra mente. Diventa alto il rischio di cadere in una ben nota trappola comportamentale, per la prima volta introdotta da Daniel Kahneman (premio Nobel per l’economia) e Amos Tversky nel 1984, chiamata avversione miope alle perdite (myopic loss aversion), che corrisponde all’attitudine a trascurare le prospettive di lungo termine per concentrarsi su quelle di breve periodo, rispetto alle quali può diventare dominante la paura di dover subire perdite (clicca qui per approfondire).

Facciamo un esempio

Immaginiamo che due investitori con la medesima propensione al rischio abbiano 2 portafogli identici, con un obiettivo di investimento di lungo termine (oltre 10 anni). Uno dei due controlla il portafoglio ogni tre mesi, mentre l’altro investitore lo controlla giornalmente. Ebbene, quest’ultimo percepirà il proprio portafoglio come più rischioso rispetto al primo.

Betterment, una società di consulenza finanziaria online americana, ha effettuato una ricerca che ha fornito risultati che confermano quanto detto finora. Come si evince dal grafico, chi controlla i propri investimenti giornalmente (daily), ha una probabilità di quasi il 50% di osservare una perdita di qualsiasi entità (barra blu scuro), mentre ha una probabilità di circa il 25% di osservare una perdita superiore al 2% (barra celeste).

Chi invece controlla il proprio portafoglio trimestralmente (quarterly) ha una probabilità di osservare una perdita di qualsiasi entità pari a circa il 35%, ma una probabilità poco maggiore del 10% di osservare una perdita superiore al 2%. Infine, avendo la saggezza di osservare il portafoglio soltanto una volta l’anno, la probabilità di osservare una perdita superiore al 2% diventa inferiore al 5% (annually).

Ancora Kahneman e Tversky

“Gli investitori che cercano feedback più frequentemente (e quindi si informano più spesso) scelgono di norma un rischio minore e ottengono un rendimento minore”.

Pertanto il rischio che scaturisce da un controllo troppo frequente del nostro portafoglio è quello di reagire emotivamente a fisiologiche correzioni di breve termine che possono portarci, per quanto detto finora, a prendere delle decisioni sbagliate legate all’avversione alle perdite.

I rendimenti non li fanno i mercati, ma i comportamenti degli investitori 

Spesso da soli non si è in grado di tenere a freno queste emozioni. Ecco quindi che diventa importante affidarsi ad un professionista, ad un valido consulente finanziario.

Uno dei compiti di un bravo consulente è infatti quello di aiutare i propri clienti a non cadere nelle trappole comportamentali come quella descritta finora, aiutando l’investitore a focalizzarsi sul giusto orizzonte temporale, frenando sia l’eccessiva euforia sia “gli attacchi di panico finanziario”.

Inizia tutto da qui

Gli inglesi usano un acronimo molto efficace per far passare il messaggio che spesso, per capire bene un fenomeno a prima vista molto complesso, devi provare a rimanere sul semplice. L’acronimo è KISS, che oltre a voler dire bacio è l’acronimo di Keep It Simple, Stupid!

Intuitivamente capiamo che la finanza, intesa come lo studio dei prezzi, dei tassi di interesse, dei flussi di denaro e dei mercati finanziari, sia strettamente interconnessa con l’economia, una scienza sociale che studia la produzione, il consumo e la distribuzione di beni e servizi così come argomenti più ampi come l’inflazione, la recessione, la domanda e l’offerta.

Forse allora, per avere un’idea del perché i mercati finanziari si muovono, del perché salgono e scendono, generando forte emotività, se non addirittura euforia e panico negli investitori, sarebbe opportuno andare all’origine della loro esistenza, a come funziona l’economia, mantenendo tutto estremamente semplice. Pensate sia impossibile? Lo pensavo anch’io!

Poi ho visto questo video e ho capito che sbagliavo!

Il video è stato creato da Ray Dalio, un personaggio molto noto negli Stati Uniti che recentemente è divenuto famoso (o forse meglio dire tristemente famoso) anche in Italia. Ray Dalio è a capo dell’Hedge Fund più grande al mondo, Bridgewater Associates; è recentemente balzato agli onori della cronaca italiana per il fatto che qualche mese fa ha scommesso circa 3 miliardi di dollari sul ribasso delle principali aziende quotate italiane (per approfondire clicca qui). Ci sarebbe da dire che al momento sta stravincendo la scommessa, ma questa è un’altra storia…

Il video si intitola “Come funziona la macchina dell’economia” ed è interamente in italiano.

Vi consiglio ovviamente di guardarlo, provo comunque a riassumere i concetti salienti.

Secondo Ray Dalio un’economia non è altro che la somma della transazioni che la costituiscono. Ogni transazione consiste di un acquirente che scambia moneta o credito e di un venditore di beni, servizi o attività finanziarie. La cosa importante da capire è che il credito funge da moneta. Dividendo l’ammontare totale speso (moneta più credito) per la quantità venduta otteniamo il prezzo. La transazione è alla base della macchina economica. L’economia consiste di tutte le transazioni in tutti i suoi mercati, vista così è di una semplicità estrema.

Il maggior acquirente e venditore è il settore pubblico, che consiste di due parti importanti: l’amministrazione centrale che riscuote tasse e spende denaro e una Banca centrale che è invece differente, perché si occupa di controllare l’ammontare di denaro e credito nell’economia. Lo fa manovrando i tassi di interesse e stampando moneta. La Banca centrale è un protagonista importante nel Flusso del Credito.

Il Credito è la parte più importante dell’economia, ma è quella meno intuitiva, quella meno capita. Viene creato credito (e debito) ogni qualvolta stipuliamo un mutuo per acquistare una casa, facciamo un finanziamento per acquistare un auto, un televisore, un macchinario per la nostra azienda, etc. Viene creato credito anche ogni qualvolta un Paese, una società o una Banca emette un prestito obbligazionario. Negli Stati Uniti l’ammontare totale di credito è di circa 50 trilioni di dollari mentre la somma totale di moneta è di circa 3 trilioni di dollari. Quello che tutti chiamano denaro, nella maggior parte dei casi è invece credito.

Riuscire a capire come funziona il flusso del credito ci avvicina tanto a capire come funziona l’economia. Se non ci fosse il credito non esisterebbero i cicli economici. Il flusso del credito crea i cicli economici. Secondo l’autore del video esistono due tipi di cicli: uno di breve periodo che dura circa 5-8 anni e uno di lungo periodo che dura circa 75-100 anni.

Il ciclo del debito a breve termine. Quando siamo in presenza di bassi tassi di interesse è facile immaginare che si crea più credito, perché costa meno. Aumentano quindi i mutui, i finanziamenti, gli acquisti con carta di credito, in sintesi tutte le forme di indebitamento. Questo processo si autoalimenta e fa in modo che si guadagna e si spende più di quanto si dovrebbe. Ma ovviamente non può andare avanti all’infinito, ecco perché esiste il ciclo. Succede che la spesa continua ad aumentare e i prezzi cominciano a salire. Infatti quando la spesa e i redditi crescono più velocemente della produzione dei beni i prezzi salgono e viene generata inflazione. La Banca Centrale, per combattere l’aumento dell’inflazione, alza i tassi di interesse. Quando i tassi di interesse salgono, indebitarsi costa di più. La gente prende meno prestiti e ha costi di rimborso più alti, per cui inizia a spendere di meno. Anche questo processo si autoalimenta: siamo nella fase di discesa del ciclo del debito a breve termine. Spendendo meno i prezzi cominciano a scendere: questo processo si chiama deflazione. L’attività economica diminuisce creando i presupposti per una recessione. Ecco che torna protagonista la Banca Centrale che abbasserà i tassi di interesse e il ciclo ricomincia.

 

Fonte: Bridgewater

 

Fin qui tutto chiaro? Bene. Abbiamo scoperto come funziona il ciclo del debito a breve termine di durata 5-8 anni. Ma non si torna al punto di partenza; infatti alla fine di un ciclo economico ci ritroviamo con un ammontare di debito in essere maggiore rispetto a quello che esisteva alla fine del ciclo economico precedente. La natura umana infatti tende a prendere più a prestito invece che rimborsare. Ma a causa di questo comportamento, sul lungo periodo i debito aumentano più velocemente dei redditi. Si crea così il ciclo del debito a lungo termine. Senza addentrarci troppo nei ragionamenti, questa continua crescita dell’indebitamento nel corso dei decenni, arriva ad un punto in cui non è più sostenibile e si assiste all’inversione del ciclo economico di lungo termine, con ripercussioni pesanti sul mondo dell’economia e sui mercati finanziari.

 

Fonte: Bridgewater

 

E’ quello a cui abbiamo assistito secondo Ray Dalio nella crisi finanziaria del 2008 e che era accaduto negli Stati Uniti nella crisi del 1929. In pratica la gente taglia la spesa, i redditi cadono, il credito scompare, i prezzi delle attività calano, le Banche sono sono pressione, la Borsa scende, le tensioni sociali aumentano e tutto si autoalimenta. Le Banche Centrali non possono abbassare i tassi di interesse poiché questi sono già bassi. A questo punto ci sono 4 modi di agire per invertire la tendenza e far ripartire l’economia: 1. Taglio della spesa da parte di persone, imprese e governi (manovre di austerità); 2. Riduzione dei debiti mediante fallimenti o ristrutturazioni; 3. Ridistribuzione della ricchezza dagli abbienti ai meno abbienti; 4. la Banca Centrale stampa nuova moneta. Gestire questa fase è molto difficile; dipenderà dalla bravura nell’adoperare contemporaneamente e in maniera complementare queste 4 “medicine”. Secondo questo modello, dalla crisi finanziaria dovuta alla fine di un ciclo economico di lungo periodo (che ricordiamo si ripresenta ogni 75-100 anni) occorrono circa 10 anni affinché si ritorni alla normalità (ecco perché si parla di decennio perduto).

L’Investitore non è uno Speculatore

Da qualche settimana i mercati finanziari hanno ricominciato a fare il loro mestiere, che è quello di essere fisiologicamente volatili; cosa vuol dire? vuol dire che fanno registrare giornalmente delle oscillazioni, anche significative di prezzo. E quando i mercati tornano a fare il loro mestiere anche l’informazione lo fa; e quindi i mercati finanziari trovano maggiore spazio nei titoli di giornali e telegiornali.

Questo cosa comporta? Ahimè una maggiore emotività degli investitori e risparmiatori, che iniziano a dubitare della bontà degli investimenti fatti (magari un anno prima o un mese prima) e iniziano a valutare la possibilità di smobilizzare le posizioni.
E’ in questi momenti che bisogna avere ben chiaro cosa vuol dire essere investitori, cosa ben diversa da essere speculatori.

Lo speculatore è colui il quale ha dei brevissimi orizzonti temporali, i traders professionisti comprano e vendono più volte anche nella stessa giornata, provando ad approfittare delle oscillazioni dei prezzi degli strumenti finanziari. Essere speculatore vuol dire essere specializzato:
– Nel Breve termine;
– Nel Prezzo;
– Nell’Analisi tecnica (non entriamo nei dettagli ma vuol dire effettuare previsioni circa il movimento futuro dei prezzi studiando i grafici dei titoli);
– Nella volatilità, (anche qui non ci interessa entrare nei dettagli, ci basti sapere che la volatilità è una misura della rischiosità di uno strumento finanziario, misura l’ampiezza delle oscillazioni del prezzo di un titolo dai valori medi, all’aumentare della volatilità aumenta il rischio di uno specifico strumento finanziario).

MA L’INVESTITORE NON E’ UNO SPECULATORE !!!

L’investitore è colui il quale ha effettuato, probabilmente con l’ausilio di un valido consulente finanziario, degli investimenti frutto di una attenza pianificazione legata ai propri obiettivi di vita. Ha pertanto creato delle strategie finanziarie finalizzate, ad esempio: ad integrare la propria pensione, a coprire i costi degli studi universitari dei propri figli; all’acquisto della casa per se o per i propri figli; alla gestione degli imprevisti futuri, etc. Tutti questi validissimi obiettivi hanno una cosa in comune: hanno delle scadenze temporali di medio/lungo periodo. E questo concetto fa tutta la differenza del mondo!

Facciamo un esempio concreto che renda bene l’idea: se il mio obiettivo è la copertura delle spese universitarie di mio figlio che oggi ha 3 anni, è ragionevole pensare che la durata prevista dell’investimento è di circa 15 anni; se a quella porzione del mio patrimonio ho messo dunque l’etichetta “studi universitari”, se è stato creato un portafoglio sufficientemente diversificato, se i costi dell’investimento sono ragionevoli, che senso ha modificare tali impostazioni sulla base di movimenti di breve periodo che si stanno verificando 15 anni prima?

E’ un pò come per la casa in cui abitiamo, ipotizzando che sia di proprietà. Se gli abbiamo dato l’obiettivo di essere la nostra casa di abitazione, non andiamo giornalmente a monitorare il suo prezzo di mercato né tantomeno ce ne preoccupiamo emotivamente.

Quindi l’Investitore deve essere specializzato:
– Nel Lungo Termine;
– Nel valore di ciò che si acquista e non nel prezzo attuale;
– Nell’analisi fondamentale (i titoli che detiene, direttamente, o tramite strumenti di risparmio gestito, devono essere scelti sulla base dei dati societari, dei bilanci, delle prospettive di crescita etc. e non sulla base dei grafici del titolo);
– Nel rischio, presidiandolo costantemente, mediante una attenta diversificazione, periodici ribilanciamenti, attenuazione dello stesso man mano che ci si avvicina all’obiettivo.

Ho voluto allegare questa foto, anche se in Inglese, perchè mi piace molto il messaggio finale, che vi traduco volentieri.
Con riferimento all’investimento di lungo periodo:
“Ricorda sempre che Roma non è stata costruita in un giorno…”
Con riferimento alla speculazione di breve periodo:
“Ricorda sempre che Hiroshima e Nagasaki sono state distrutte in un giorno…”
Concludo dicendo che non ho nulla contro la speculazione, per l’amor di Dio! Soltanto ci tengo a ribadire che non ci si può improvvisare speculatori: chi fa trading e lo fa bene è un professionista molto preparato, costantemente aggiornato e agisce razionalmente, non emotivamente, cosa per niente semplice se ci si prova senza avere queste caratteristiche.